Gli Argonauti N° 155 – Dicembre 2017
Gli Argonauti – Psicoanalisi e Società. Copertina e indice del N° 155, Dicembre 2017
Luis Kancyper
Amicizia: una fraternità per scelta
Traduzione di Cristina Oricoli
L’amicizia è una relazione privilegiata di tipo fraterno, non imposta da vincoli di consanguineità, in cui ci si emancipa dai desideri edipici e fraterni mossi dall’aspirazione fallica di arrivare ad essere l’unico erede e il figlio prediletto di un padre-madre-Dio. Ciononostante non dobbiamo dimenticare che, sebbene nell’amicizia si stabiliscono relazioni esogamiche d’oggetto, essa può restare permeabile alle conflittualità narcisistiche e familiari.
L’amico svolge una funzione di accompagnamento nei momenti dolorosi di solitudine e nelle situazioni conflittuali relative all’amore di coppia o familiare. Configurandosi in una logica orizzontale tipica della fratellanza solidale, rende possibile un allentamento del potere verticale esercitato dai genitori e dai figli.
Per gli antichi l’amicizia era migliore dell’amore. Secondo Aristotele l’amicizia è “una virtù o è accompagnata da virtù; inoltre è la cosa più necessaria nella vita”. Plutarco, Cicerone e altri lo seguirono nel suo elogio all’amicizia.
Aristotele afferma che ci sono tre tipi di amicizia: per interesse o per vantaggio, per piacere e per virtù. Questa è “l’amicizia perfetta, quella degli uomini per bene e simili per virtù, perché essi si augurano il bene allo stesso modo”. I primi due tipi di amicizia sono occasionali e sono destinati a durare poco; il terzo è eterno ed è uno dei beni più importanti a cui può aspirare l’uomo.
Bruna Giacomini
Amicizia: una fratellanza di altro ‘genere’
L’amicizia è certo un tipo d’amore, come afferma Cicerone nel De amicitia, parola che in latino ha la stessa radice di amor ( amor enim, ex quo amicitia nominata est ), ma è un amore di tipo peculiare, che non si può confondere con altri tipi di amore.
Questo è evidente se risaliamo alla parola greca che indica l’amicizia: philia. Essa indica un rapporto affettivo che non può essere confuso né con eros né con agape.
In eros vi è una mania e un’inesauribile e ingovernabile impulso a fare di due uno che non c’è nell’amicizia. Questa, così come ce la rappresenta Aristotele, ma anche Cicerone, è animata dalla volontà degli amici che vogliono ciascuno il bene dell’altro indipendentemente da ogni calcolo: una volontà che però sceglie, orienta, mantiene il controllo.
L’amicizia si distingue non meno dall’agape, termine con cui viene indicato l’amore nel primo e nel secondo testamento: esso indica una relazione affettiva con l’altro che anche quando è spinta fino all’estremo, come nell’imperativo cristiano di amare non solo agli amici, ma anche ai nemici, è sempre il risultato di una triangolazione con Dio. Nell’altro amo Dio e in Dio amo l’umanità in cui lui ha scelto di incarnarsi per salvarla. Al contrario, l’amicizia non prevede terzi, anzi non li ammette trattandosi di un rapporto esclusivo e di conseguenza raro.
Carmen Acedo Manteola
Sull’origine intrapsichica del simbolo e la sua proiezione nella scienza e nella tecnologia
Abstract: Quali sono le implicazioni delle metafore scientifiche utilizzate da Freud e Ferenczi al fine di dar conto della complessità della psiche umana? L’inconscio è il padrone della funzione creativa dell’uomo, che proietta il simbolo delle sue funzioni vitali sulla scienza, sulla cultura e sulla tecnologia? Percorreremo le vie di riflessione che contemplano queste questioni tenendo in mente l’accento che ogni autore pone sui differenti percorsi della conoscenza: la scoperta della macchina come proiezione dell’inconscio di Tausk, l’origine del pensiero logico in Freud, e, infine, il modello bioanalitico sviluppato da Ferenczi come anfimissi a partire da questi contributi. Parole chiave: pensiero, inconscio, simbolo, creatività.
Francesco Stoppa
Sulle radici infantili della violenza di genere
Vittima della propria disattenzione, l’uomo dimentica quanto la sua presenza sia importante nei percorsi di soggettivazione della donna. Una simile ritrosia non è tuttavia riconducibile a un semplice tratto caratteriale o a una predisposizione di genere, cela infatti altro, una sorta di tabù del contatto. Si tratta di qualcosa che insorge nell’infanzia con l’orrore conseguente alla scoperta del sesso femminile e che può in alcuni casi dispiegarsi in età adulta in forme che vanno dal distacco affettivo fino all’esercizio della violenza.
È una vicinanza a tratti difficile, problematica, quella che l’uomo avverte nei confronti della sua partner. La donna lo divide, lo distoglie da sé, dai suoi riferimenti di genere, sembra in sostanza essere lì per sottrargli qualcosa. La problematica complessità della sua identità lo confonde perché in fondo non gli si propone come qualcosa di ben inquadrabile per quanto alternativo rispetto alla divisa fallica che lui indossa con orgoglio cameratesco. E come se non bastasse, la radicale forma di singolarità che intravede nella posizione femminile ha ben poco ha a che spartire con l’individualismo a cui lui istintivamente si vota e che gli riesce di coltivare anche nella dimensione del gruppo. Il femminile rappresenta dunque una realtà che minaccia di guastare l’omeostasi, l’ordine simmetrico delle cose. L’incarnazione, in una parola, dell’al di là del principio di piacere.
Chantal Diamante
Accogliere e accompagnare le famiglie con difficoltà psicosociali
L’autrice, psicoanalista, analizza il modo in cui si praticano colloqui familiari presso l’associazione “La Parentéle”. Si esplorano anche le modalità della terapia familiare, in chiave psicoanalitica, rivolta a famiglie in grande stato di difficoltà sia sociale che psichico. In rapporto alla pratiche psicoanalitiche più classiche, quali cambiamenti e adeguamenti del setting bisogna fare? Per queste famiglie poco inclini all’insight, La Parentéle propone interventi su misura.
Gruppo di Studio ASVEGRA “L’intervento in età evolutiva”
La violenza che fa trauma. L’impensabilità degli affetti in età evolutiva
Questo lavoro è il frutto di riflessioni teoriche/cliniche sulla possibilità o meno di creare uno spazio di pensabilità là dove la violenza ed il segreto sono gli strumenti elettivi, i canali attraverso cui si sviluppa e si alimenta la relazione. Come “l’assenzio” nel significato etimologico fa riferimento a qualcosa di amaro, spiacevole, pericoloso e velenoso (per es. il Deuteronomio pone questa pianta fra i veleni), allo stesso modo la violenza nelle sue varie espressioni assume la medesima valenza se non svelata ed elaborata.
Così ad esempio la violenza fisica, all’interno della coppia genitoriale, diventa violenza assistita per i figli: in questi casi si evidenzia una difficoltà di mentalizzazione dell’adulto.