Davide Lopez e Loretta Zorzi Meneguzzo. Trattato di Psicoanalisi
Davide Lopez e Loretta Zorzi Meneguzzo
Trattato di Psicoanalisi. Dal carattere alla persona.
Capitolo settimo
Dalla recensione di ALFREDO CIVITA
Osservazioni sul “Trattato di Psicoanalisi” curato da Antonio Alberto Semi.
(Gli Argonauti, XII – N. 45, Giugno 1990, 139-148)
“Infine, sempre in materia di disunità, merita un discorso a parte, che qui possiamo soltanto abbozzare, il capitolo Dal carattere alla persona, di Davide Lopez e Loretta Zorzi Meneguzzo, nel secondo volume. Questo capitolo, che sorge dall’intensa e ormai lunga ricerca di Lopez in seno alla psicoanalisi, è senza dubbio nel Trattato il più originale e trasgressivo, tanto negli apporti strettamente psicoanalitici quanto nel significato filosofico ed etico che essi configurano.
Il capitolo può essere schematicamente articolato in tre contributi:
1. Una discussione approfondita e altamente, violentemente, critica della letteratura psicoanalitica sia classica che recente sul tema del carattere.
2. Una rivalutazione e revisione del concetto reichiano di carattere che sfocia nell’opposizione cruciale tra carattere e persona; dove il carattere è inteso come una struttura difensiva e bloccante di cui la resistenza è, nella sua pertinacia, una manifestazione, e la persona è intesa come un annientamento complessivo del blocco caratteriale e l’affermazione tendenziale di un universo di vita libero, consapevole ed espansivo. In aspra polemica con l’ufficialità freudiana e kleiniana, questa complessa e appassionata valorizzazione della persona passa attraverso una rivalutazione dell’Io ideale in opposizione al Super-io.
3. Il concetto di persona apre la strada a una concezione originale della psicoanalisi ma anche, più in generale, a una ben precisa Weltanschauung, a una precisa visione vitalistica ed espansionistica della posizione dell’uomo nel suo mondo. Fondamentale in tutto questo è il riferimento alla teoria e all’etica di Nietzsche.
Da questo ricchissimo insieme di temi vorrei richiamare l’attenzione su due punti, affidandomi alle parole più che eloquenti degli autori. Il primo punto coinvolge la relazione analitica e in particolare l’analista medesimo:
1. Un’analista che funzioni in analisi come persona, cioè in modo totale e modulato, riunisce insieme, simultaneamente, preconscio e consapevolezza: non ha bisogno di fare sforzi intellettuali, né di porsi ossessivamente il problema dei diversi livelli interpretativi. Egli è immediatamente nel rapporto e trova empaticamente l’interpretazione: non sbaglia mai! ( …) Ciò che noi vogliamo sottolineare, in parte interpretando, in parte sospingendo innanzi il discorso di Balint, è che l’oscillazione dello psicoanalista da una posizione di benevola neutralità a una consapevolezza affettiva significa, in primo luogo, che abbiamo trasceso l’epoca della neutralità coatta, freudiana e kleiniana, del cosiddetto “setting rigoroso” che altro non è se non reazione controtransferale non analizzata (Vol. II, pp. 412 e 437) .
2. Il secondo punto concerne il primato dell’Io ideale sul super-io e il superamento di entrambi nell’unità della persona: lo psicoanalista, in genere, conosce e guarda solo il passato, va alla ricerca di fattori genetici sempre più remoti e arcaici. Dimentica così che è costitutivo degli esseri umani non solo il Super-io, dal quale dipende principalmente la visione statica, conservativa della vita, ma anche l’Io ideale, il quale, giacché rappresenta l’istanza di emancipazione, la spinta verso lo sviluppo ( …) proprio per questo è il rappresentante della prospettiva, del futuro, dell’avvenire.( …) All’egemonia del Super-io e del l’Io ideale, Lopez ha sostituito la persona come modello di integrazione totale e consapevole dell’individuo (Vol. II, pp. 413 e 505-506).
Il discorso di Lopez e Zorzi Meneguzzo ci riporta al tema della posizione della conoscenza in psicoanalisi, della sua inseparabilità, della sua fusione e confusione con il momento irriducibilmente affettivo della relazione con l’altro e della cura. Sostenendo provocatoriamente l’infallibilità dell’analista-persona, Lopez sposta la conoscenza psicoanalitica ancora più avanti in direzione della vita. L’analista non può che essere infallibile se si rapporta all’analizzando non da medico a paziente bensì da persona a persona. Se la relazione è questa, autenticamente, la possibilità dell’errore è preclusa. In che senso, infatti, potrebbe essere sbagliata un’interazione tra persone? Lopez costruisce un ideale: la conoscenza e la coscienza delle proprie spinte libidico-emotive non devono determinarne la soppressione, non devono portare alla rinuncia. Il Super-io, castrante, non deve uscirne vincitore. La persona deve potersi appropriare del desiderio, senza esserne vittima ignara e senza sacrificarlo all’altare della medietà e della norma. È forse utopia tutto questo? È difficile dirlo, certamente troviamo qui il momento più affascinante e anche più rischioso dell’universo di Lopez.